Fumare in gravidanza

L‘utilizzo di prodotti a base di tabacco quali sigarette con tabacco o sigarette elettroniche in gravidanza è uno dei fattori di rischio più importanti associati a esiti materni, fetali e neonatali sfavorevoli. La gravidanza in tal senso andrebbe vista come un importante opportunità per smettere di fumare non solo per la donna in gravidanza ma anche per i membri della famiglia in quanto il fumo passivo ha la stessa importanza del fumo diretto.
Studi clinici condotti nel 2002 in America hanno portato alla luce dati allarmanti riguardanti il fumo in gravidanza. I dati riportati parlano, infatti, di aumentato rischio di parto pretermine nel 5-8% dei casi, nati a termine con un ritardo di crescita intrauterino nel 13-19%, decesso postnatale da morte improvvisa del neonato nel 23-34%.
Sono diversi i meccanismi osservati o ipotizzati per spiegare gli effetti sfavorevoli del fumo sulla gravidanza. Tra questi i più importanti sono:
  1. un’alterata ossigenazione fetale dovuta a modifiche strutturali a carico della placenta con conseguente ritardo di crescita intrauterino e rischio aumentato di parto prematuro,
  2. un alterato sviluppo fetale (neonati con elevati livelli di nicotina al momento del parto non riescono ad avere una frequenza cardiaca variabile nelle prime 4 ore di vita)
  3. esposizione a molteplici tossine potenziali (responsabili di un danno diretto al materiale genetico fetale con aumentata incidenza di anomalie cromosomiche strutturali tra le donne che fumano regolarmente. Molte di queste anomalie sono il risultato di delezioni o traslocazioni in gran parte localizzate nella regione 11q23, associata con diverse malattie ematologiche).E’ stato inoltre notato che l’esposizione alla nicotina porta ad un accelerazione della frequenza cardiaca e ad una riduzione dei movimenti respiratori fetali.

    Importanti sono anche le conseguenze del fumo in donne desiderose di una gravidanza. Il fumo di sigaretta, infatti, può esser responsabile di infertilità o, comunque, di un ritardo nel concepimento a causa di agenti chimici, contenuti nel fumo delle sigarette, che sembrano accelerare l’invecchiamento delle ovaie e impedire la gametogenesi. 

    In linea generale gli effetti del fumo diretto e/o passivo sulla gravidanza sono:

  • aborto spontaneo,
  • distacco di placenta,
  • rottura premature delle membrane,
  • placenta previa,
  • travaglio pretermine,
  • basso peso alla nascita
  • gravidanza extrauterina. In base a quanto esposto risulta quindi importante prendere in considerazione il tentativo di smettere di fumare o, quanto meno, ridurre drasticamente il numero di sigarette fumate durante le 24 ore ad un massimo di 2-3/die. Se si comprende che con la gravidanza non esiste più un IO ma un LUI/LEI verrà da se che smettere di fumare è il primo vero grande atto di amore compiuto da una futura mamma per preservare il benessere del feto.

Iodio in gravidanza

L’importanza dello Iodio in Gravidanza: Benefici, Rischi e Fonti

Lo iodio è un elemento essenziale per il corretto funzionamento della tiroide e per la produzione di ormoni tiroidei, che regolano molti processi fisiologici, tra cui lo sviluppo del cervello e del sistema nervoso. Durante la gravidanza, l’apporto di iodio diventa particolarmente importante, poiché la carenza di questo minerale può avere conseguenze significative sia per la madre che per il feto.

Perché lo Iodio è Importante in Gravidanza?

Durante la gravidanza, la donna subisce cambiamenti fisiologici che richiedono un apporto maggiore di iodio. Questo perché lo iodio è necessario non solo per la produzione di ormoni tiroidei della madre, ma anche per il corretto sviluppo del sistema nervoso del feto, soprattutto nelle prime fasi della gestazione. Gli ormoni tiroidei sono coinvolti nello sviluppo del cervello, nella crescita dei tessuti e nel metabolismo del bambino.

Ecco i principali benefici dello iodio in gravidanza:

  • Sviluppo del cervello: Lo iodio contribuisce allo sviluppo cognitivo del bambino, soprattutto durante il primo trimestre.
  • Produzione di ormoni tiroidei: La madre necessita di una maggiore quantità di iodio per soddisfare la propria produzione di ormoni e quella del bambino.
  • Prevenzione di malformazioni congenite: Un adeguato apporto di iodio può ridurre il rischio di difetti nello sviluppo neurologico del bambino.
  • Salute materna: Lo iodio aiuta a prevenire disfunzioni tiroidee nella madre, come il gozzo o l’ipotiroidismo.

Sintomi di Carenza di Iodio in Gravidanza

Una carenza di iodio durante la gravidanza può portare a una serie di sintomi e problematiche per la madre e per il feto. Ecco alcuni segnali comuni di una possibile carenza di iodio:

  • Affaticamento estremo: Uno dei primi segnali di carenza di iodio può essere una stanchezza continua e debilitante.
  • Aumento di peso: L’ipotiroidismo causato dalla mancanza di iodio può provocare un aumento di peso anche con una dieta normale.
  • Gozzo: Un rigonfiamento visibile del collo può indicare una disfunzione tiroidea dovuta alla carenza di iodio.
  • Problemi cognitivi e di concentrazione: La mancanza di iodio può influire sulla capacità di concentrazione e sullo stato mentale della madre.
  • Ritardo nello sviluppo fetale: Nei casi più gravi, la carenza di iodio può comportare ritardi nello sviluppo cerebrale del bambino.

Cause della Carenza di Iodio in Gravidanza

Ci sono diverse ragioni che possono causare una carenza di iodio durante la gravidanza. Queste includono:

  • Dieta povera di iodio: Non consumare abbastanza alimenti ricchi di iodio, come pesce, latticini e uova, può portare a una carenza.
  • Aumento del fabbisogno di iodio: Durante la gravidanza, il fabbisogno di iodio aumenta significativamente per sostenere lo sviluppo del feto e la produzione di ormoni tiroidei.
  • Uso di sale non iodato: Molti paesi raccomandano l’uso di sale iodato per prevenire carenze, ma se si utilizza sale non iodato nella dieta, si potrebbe non ottenere abbastanza iodio.
  • Condizioni preesistenti: Alcune condizioni mediche, come l’ipotiroidismo o malattie autoimmuni della tiroide, possono aumentare il rischio di carenza di iodio.

Diagnosi della Carenza di Iodio

Per verificare una carenza di iodio durante la gravidanza, il medico può eseguire una serie di test diagnostici. Tra i più comuni ci sono:

  • Analisi delle urine: Il modo più comune per misurare i livelli di iodio è attraverso un semplice esame delle urine. Questo test rileva la concentrazione di iodio eliminato dall’organismo.
  • Esami del sangue: Gli esami del sangue possono rilevare eventuali anomalie nei livelli di ormoni tiroidei, il che potrebbe indicare una carenza di iodio.
  • Ecografia tiroidea: In caso di sospetti problemi alla tiroide, potrebbe essere necessaria un’ecografia per verificare eventuali anomalie o ingrossamenti.

Trattamento e Prevenzione della Carenza di Iodio

La prevenzione della carenza di iodio in gravidanza è relativamente semplice. Il principale metodo di prevenzione è assicurarsi di assumere una quantità adeguata di iodio attraverso la dieta o integratori specifici, come consigliato dal medico.

Ecco alcune strategie per garantire un adeguato apporto di iodio:

  1. Alimenti ricchi di iodio: Alcuni alimenti sono naturalmente ricchi di iodio. Ecco alcuni esempi:
    • Pesce di mare, soprattutto pesce azzurro come sgombro e tonno
    • Alghe marine
    • Latticini, come yogurt e formaggi
    • Uova
    • Sale iodato
  2. Integratori di iodio: In molti casi, soprattutto se la dieta non fornisce abbastanza iodio, il medico può raccomandare un integratore di iodio, spesso incluso nei complessi multivitaminici per la gravidanza.
  3. Monitoraggio regolare: È importante monitorare i livelli di iodio e la funzione tiroidea attraverso esami del sangue, soprattutto se si hanno condizioni mediche preesistenti.

Intervento in caso di Carenza Grave

In rari casi di carenza grave di iodio, può essere necessario un intervento medico più approfondito. Questo potrebbe includere il trattamento per condizioni come l’ipotiroidismo, con la somministrazione di ormoni tiroidei sintetici per bilanciare i livelli ormonali e garantire il corretto sviluppo del feto.

Lo iodio è un minerale fondamentale durante la gravidanza, necessario per la salute della madre e il corretto sviluppo del feto. Assicurarsi di assumere quantità sufficienti di iodio attraverso la dieta o, se necessario, con l’aiuto di integratori, è essenziale per prevenire complicazioni come l’ipotiroidismo o problemi di sviluppo nel bambino.

Mantenere un costante monitoraggio dei livelli di iodio e seguire i consigli del proprio medico è la chiave per una gravidanza sana.

Endometriosi Cause Sintomi Terapia

Endometriosi: Causa, Sintomi, Diagnosi e Trattamento – Guida Completa

L’endometriosi è una condizione medica complessa che colpisce milioni di donne in tutto il mondo. Questa guida completa esplorerà in dettaglio l’endometriosi, compresa la sua causa, i sintomi, la diagnosi e le opzioni di trattamento disponibili. Se stai cercando informazioni esaustive su questa condizione dolorosa e debilitante, sei nel posto giusto.

Cos’è l’endometriosi?

L’endometriosi è una patologia ginecologica che si verifica quando il tessuto simile a quello che normalmente riveste l’interno dell’utero (endometrio) cresce al di fuori dell’utero. Questo tessuto, noto come “lesioni endometriosiche”, può svilupparsi su organi come le ovaie, le tube di Falloppio, il peritoneo,rettò, vescia e altri organi nella cavità pelvica, finanche a livello della cicatrice di un pregresso taglio cesareo. A differenza dell’endometrio normale, che viene eliminato durante il ciclo mestruale, il tessuto endometriosico all’esterno dell’utero si impianta come un seme e, nutrito dagli ormoni della Donna comincia a proliferare arrivando finanche a formare delle vere e proprie Placche. Tali impianti possono causare una serie di sintomi dolorosi e problemi di salute.

Cause dell’endometriosi
Le cause precise dell’endometriosi non sono ancora completamente comprese, ma ci sono alcune teorie che cercano di spiegare come questa condizione si sviluppi:
* Teoria dell’impianto retrogrado: Questa teoria suggerisce che il tessuto mestruale fluisca all’indietro attraverso le tube di Falloppio invece di essere espulso dal corpo. Questo tessuto mestruale fuoriesce nell’addome, dove si attacca a organi e tessuti circostanti, dando luogo all’endometriosi.
* Teoria dell’embolizzazione: Questa teoria propone che le cellule endometriali si diffondano attraverso il flusso sanguigno o linfatico e si impiantino altrove nel corpo.
* Fattori genetici: L’endometriosi può essere più comune in famiglie con una storia di questa condizione, suggerendo una predisposizione genetica.
* Fattori immunitari: Problemi del sistema immunitario potrebbero permettere al tessuto endometriosico di crescere e prosperare altrove nel corpo.

Sintomi dell’endometriosi
L’endometriosi può manifestarsi in una varietà di sintomi che variano in intensità da persona a persona. Alcuni dei sintomi più comuni includono:

* Dolore pelvico: Il sintomo principale dell’endometriosi è il dolore pelvico che inizia a manifestarsi in corso di ciclo mestruale (dismenorrea) fino a divenire cronico manifestandosi e persistendo per tutto il mese o quasi. Questo dolore può essere acuto, lancinante o crampi persistenti.
* Dolore durante i rapporti sessuali: Molte donne con endometriosi sperimentano dolore durante i rapporti sessuali, noto come dispareunia.
* Sanguinamento anomalo: L’endometriosi può causare sanguinamenti irregolari, spotting tra i periodi o mestruazioni molto pesanti.
* Problemi intestinali o vescicali: In alcuni casi, l’endometriosi può influenzare l’intestino o la vescica, causando sintomi come diarrea, costipazione, sangue nelle feci o minzione frequente.
* Infertilità: L’endometriosi può ostacolare la fertilità nelle donne, rendendo difficile il concepimento.
È importante notare che i sintomi dell’endometriosi possono variare notevolmente da persona a persona, e alcune donne possono essere asintomatiche o avere sintomi lievi.

Diagnosi dell’endometriosi
La diagnosi dell’endometriosi può essere un processo complicato e richiede spesso una combinazione di elementi, tra cui:
* Storia clinica: Il medico raccoglierà informazioni sulla storia clinica e sui sintomi del paziente.
* Esame fisico: Un esame pelvico può rivelare anomalie, ma l’endometriosi spesso non è visibile esternamente.
* Imaging medico: Alcune immagini mediche, come l’ecografia transvaginale o la risonanza magnetica, possono essere utilizzate per identificare anomalie nelle strutture pelviche.
* Laparoscopia: Questo è il metodo più affidabile per diagnosticare l’endometriosi. Un intervento chirurgico mininvasivo viene eseguito per esaminare direttamente le lesioni endometriosiche e, se necessario, rimuoverle.

La diagnosi precoce è fondamentale per gestire l’endometriosi in modo efficace, quindi è importante consultare un medico se si sospetta questa condizione.Trattamento dell’endometriosi
Il trattamento dell’endometriosi dipende dalla gravità dei sintomi, dall’età della paziente e dai desideri futuri di gravidanza.

Alcune opzioni di trattamento comuni includono:
* Farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS): Questi farmaci possono aiutare a gestire il dolore e l’infiammazione associati all’endometriosi.
* Contraccettivi orali: Le pillole anticoncezionali possono ridurre la crescita del tessuto endometriosico e alleviare i sintomi. Tra queste quelle a base di dienogest sono specifiche per endometriosi.
* Terapia ormonale: Alcune terapie ormonali, come gli agonisti dell’ormone di rilascio delle gonadotropine (GnRH), possono interrompere temporaneamente il ciclo mestruale, riducendo così il dolore.
* Chirurgia: In alcuni casi, la chirurgia può essere necessaria per rimuovere le lesioni endometriosiche o altre anomalie associate.
* Terapia fisica e dolore cronico: La fisioterapia può aiutare a gestire il dolore cronico e migliorare la qualità della vita.
* Approcci complementari: Alcune donne trovano sollievo attraverso l’uso di pratiche complementari come la dieta, l’agopuntura o la terapia cognitivo-comportamentale.

Gestione a lungo termine dell’endometriosi
L’endometriosi è una condizione cronica che richiede una gestione a lungo termine. Alcuni suggerimenti per gestire l’endometriosi nel tempo includono:
* Comunicazione con il medico: Mantenere una comunicazione aperta e continua con il proprio medico per regolare il trattamento in base alle esigenze.
* Stile di vita sano: Una dieta equilibrata, l’esercizio fisico regolare e il sonno adeguato possono aiutare a ridurre l’infiammazione e il dolore.
* Sostegno emotivo: Trovare un sostegno emotivo da parte di amici, familiari o gruppi di supporto può essere prezioso per affrontare l’endometriosi.
* Pianificazione familiare: Se desideri avere figli in futuro, discuti con il tuo medico delle opzioni di pianificazione familiare e fertilità.
* Educazione continua: Rimanere informati sull’endometriosi e sulle opzioni di trattamento più recenti può aiutare a prendere decisioni informate.

L’endometriosi è una condizione complessa che può causare una serie di sintomi dolorosi e influire sulla qualità della vita delle donne. Se sospetti di avere l’endometriosi o stai lottando con i sintomi, è fondamentale cercare l’aiuto di un medico esperto.

Con diagnosi e trattamento adeguati, è possibile gestire efficacemente questa condizione e migliorare la qualità della vita. Ricorda che ogni situazione è unica, e la gestione dell’endometriosi può variare da persona a persona. L’obiettivo principale è migliorare il comfort e la salute generale delle donne affette da questa condizione debilitante.

Isteroscopia Operativa

Isteroscopia operativa

L’isteroscopia operativa è una procedura che si effettua in Day Surgery entrando in ospedale al mattino a digiuno ed andando via nel tardo pomeriggio. Il ricovero è preceduto da una giornata, spesso una settimana- 10 giorni prima, durante la quale si viene in ospedale a compilare la cartella clinica, fare elettrocardiogramma, prelievo di sangue in previsione della procedura chirurgica e visita anestesiologica. Come già detto precedentemente, infatti, mentre l’isteroscopia diagnostica non prevede ricovero, esami ed anestesia, l’isteroscopia operativa è invece una vera e propria piccola procedura chirurgica nella quale serve che la donna sia completamente rilassata per un periodo di tempo che difficilmente supera i 30 Minuti.

L’isteroscopia operativa infatti è caratterizzata dall’utilizzo di una telecamera di dimensioni maggiori rispetto alla procedura diagnostica e per tal ragione è necessario procede alla dilatazione del collo dell’utero con dilatatori a misurazione crescente in modo poi da poter inserire l’isteroscopio. Quest’ultimo è dotato sulla sua estremità di un ansa deputata a coagulare e tagliare tessuto riferibile a polipo, fibroma o setti presenti all’interno dell’utero. Alla fine della procedura infatti l’utero deve apparire completamente svuotato da qualsiasi neoformazione e tutto ciò che si deve vedere e una cavità a cui lati è possibile riconoscere gli osti tubarici.

La cavità endouterina si distende grazie all’immissione al suo interno di una soluzione di glicina. Al termine della procedura tutto il materiale asportato verrà mandato ad esame istologico e la risposta sarà per lo più pronta nell’arco di 30 giorni. È opportuno informare che la donna potrà aver perdite di sangue nei giorni successivi all’intervento che possono durare fino a 15 giorni dopo. Tutto questo perché un po’ di glicina mista a piccole perdite di sangue permane in utero e vagina.
Come tutte le procedure chirurgiche anche l’isteroscopia operativa necessita di un consenso informato che va letto con attenzione e firmato.

Isteroscopia Diagnostica

Isteroscopia Diagnostica

L’isteroscopia e’ una procedura diagnostico-terapeutica attraverso la quale è possibile visualizzare l’interno dell’utero usufruendo di un ottica collegata ad una telecamera sottilissima.
Possiamo distinguere due tipologie di isteroscopie: diagnostica ed operativa.

L’isteroscopia diagnostica si effettua in ambulatorio così come si andrebbe ad effettuare una visita ginecologica o un ecografia transvaginale. A tal proposito non è necessario un ricovero, non è necessaria anestesia così come non è necessaria una preparazione preoperatoria.
Ci si presenta, quindi, in un ambulatorio dedicato, facendo regolare colazione (non serve assolutamente il digiuno) e si effettua tale procedura che ha l’obiettivo di confermare o meno un reperto per lo più sospettato con l’esame ecografico in pazienti asintomatici o che si presentano per perdite ematiche vaginali anomale ( ad esempio in menopausa) o irregolari ( età fertile). L’esame ecografico può esser considerato il primo step nell’identificazione di neoformazioni endouterine responsabili della sintomatologia. Laddove si ponga il “sospetto” ecografico il passo successivo è quello di effettuare un’isteroscopia che può capir quale sia il reale volto della neoformazione potendo utilizzare una telecamera andando a vedere, quindi, in utero a “occhio nudo”. A volte un isteroscopia diagnostica può diventare anche operativa senza ricorrere ad anestesia se ciò che si visualizza sono polipi di piccole dimensioni che è possibile rimuovere utilizzando mini forbici e mini pinze senza evocare dolore alla paziente.
L’isteroscopia diagnostica prevede l’utilizzo di una soluzione acquosa che serve a dilatare l’utero per poter meglio distinguere le diverse componenti dell’utero (cervice e corpo dell’utero) ed eventuali neoformazioni presenti al suo interno.
Al termine della procedura la paziente potrà far ritorno a casa venendo infornata che per qualche giorno potrà avere perdite di sangue e che tutto questo è normale.
Nel caso in cui l’isteroscopia diagnostica non abbia rilevato presenza di quadri patologici sarà sufficiente una visita ginecologica di controllo dopo un anno;
in caso in cui si siano rimossi piccole neoformazioni endouterine queste verranno mandate ad esame istologico;
Se invece si sono visualizzare neoformazioni di grosse dimensioni sarà utile inviare la paziente ad isteroscopia operativa.

Le vaccinazioni in gravidanza

Le vaccinazioni in gravidanza contribuiscono a ridurre il rischio di contrarre alcune infezioni, prevenibili con i vaccini, che possono colpire il bambino nei primi mesi di vita.

Le vaccinazioni raccomandate in gravidanza sono quelle contro la difterite, tetano, pertosse e influenza.

È stato dimostrato che la trasmissione di anticorpi materni dalla madre al feto avviene soprattutto dopo le 32 settimane di gestazione. Vaccinare una futura mamma in gravidanza, quindi, permette di ridurre il rischio che un bambino contragga infezioni nei primi mesi di vita e durante l’infanzia.

Nel dettaglio:

  • DIFTERITE, TETANO, PERTOSSE: questo vaccino combinato può esser somministrato durante tutto il periodo della gravidanza, ma la protezione più efficace del neonato da parte degli anticorpi materni si ottiene quando la somministrazione avviene fra la 27° e la 36° settimana di gestazione. È importante vaccinarsi per la pertosse in quanto responsabile nel neonato, prima dei 6 mesi di vita, di patologie respiratorie, talvolta gravi, che possono portare anche all’arresto respiratorio.
  • INFLUENZA: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità tutte le donne in gravidanza dovrebbero esser vaccinate durante il periodo in cui è più alta la possibilità di contrarre l’influenza, quindi dalla metà di ottobre fino alla fine di dicembre. Il vaccino può essere somministrato in qualsiasi trimestre di gravidanza ed è raccomandato per proteggere la mamma e il bambino nei primi mesi di vita. Vaccinarsi contro l’influenza è importante in quanto può portare, in alcuni casi, a gravi complicazioni respiratorie finanche al ricovero in ospedale e, in casi rari, anche a decesso di donne in gravidanza, soprattutto nel secondo e terzo trimestre e nel primo mese dopo il parto. In ambito neonatale, bambini di età inferiore ai 6 mesi sono quelli più a rischio di gravi complicanze respiratorie.
  • ANTIPNEUMOCOCCO: idealmente tale vaccinazione dovrebbe esser somministrata prima di una gravidanza ma, evidenze scientifiche, hanno dimostrato che la sua somministrazione nel secondo e terzo trimestre è sicura. Lo Streptococco pneumoniae causa malattie molto diffuse tra i neonati e nella prima infanzia quali: otite media acuta, rinosinusiti, polmoniti, meningiti e sepsi.

Ma quali sono quindi i vaccini che possono essere somministrati con sicurezza?

In gravidanza sono controindicati i vaccini vivi attenuati come quello della rosolia e del morbillo, mentre somministrabili in totale sicurezza sono i vaccini cosidetti inattivi a base di proteine (influenza, antipneumococco, pertosse, difterite, tetano).

La sicurezza dei vaccini è elevata e documentata dalla costante attività di sorveglianza dei possibili eventi avversi e dagli studi di sicurezza effettuati prima che il vaccino sia autorizzato all’immissione in commercio.

Attività Fisica in Gravidanza

Le donne dovrebbero esser sempre incoraggiate a fare attività fisica poichè questa ha un ruolo fondamentale nel mantenimento di un ottimo stato psico-fisico in qualsiasi fase della vita, anche in gravidanza.

Un esercizio aerobico regolare durante una gravidanza fisiologica mantiene o migliora la tonicità, la funzione cardiorespiratoria ed il benessere psicologico riducendo, al contempo, i rischi correlati a comorbidità correlate alla sedentarietà. Ovviamente l’esercizio fisico va modificato nel corso della gravidanza tenuto conto dei cambiamenti che avvengono nella donna e per evitare effetti sfavorevoli a carico del feto.

La gravidanza è il tempo ideale per apportare modifiche positive al proprio stile di vita, aumentando l’attività fisica ed effettuando una dieta più sana. Infatti, in gravidanza, la donna tende ad esser più motivata a migliorare abitudini fino a quel momento sbagliate anche perchè tenuto sotto stretto controllo dal proprio ginecologo.

i potenziali benefici correlati all’attività fisica in gravidanza sono:

– benessere psicofisico come viene sperimentato anche da donne non in gravidanza;

– mantenimento o miglioramento dell’attività cardiorespiratoria, allungamento muscolare, elasticità;

– mantenimento o miglioramento dell’agilità, coordinazione, equilibrio, potenza, tempo di reazione e velocità;

– si evita un eccessivo incremento ponderale  in gravidanza;

– prevenzione o riduzione della severità di sintomi muscoloscheletrici, come il dolore alla schiena e del cingolo pelvico;

-prevenzione dell’incontinenza urinaria: gli esercizi per il pavimento pelvico (esercizi di Kegel) effettuati in gravidanza aiutano a ridurre i rischio a breve termine dell’incontinenza urinaria in donne che non soffrivano già precedentemente di questo disordine;

-riduzione del rischio di parto di un neonato macrosoma o grande per epoca gestazionale;

-possibile riduzione nel rischio di sviluppo di diabete gestazionale;

– possibile riduzione nel rischio di sviluppo di preeclampsia;

-possibile riduzione nella durata del primo stadio del travaglio di parto;

– possibile riduzione di rischio di taglio cesareo.

Le donne in gravidanza che vogliono continuare o iniziare un programma di esercizi dovrebbero esser valutate per fattori materni e ostetrici che possano aumentare il rischio di complicazioni materne o fetali.

Infatti, donne con alcune condizioni mediche o ostetriche preesistenti la gravidanza possono avere una restrizione o non esser idonee all’esercizio.

Si parla di controindicazioni assolute in caso di:

– cardiopatia,

– problemi polmonari,

– incompetenza cervicale o cerchiaggio,

– gravidanze multiple a rischio di parto prematuro,

– sanguinamento persistente del secondo o terzo trimestre,

– placenta previa dopo le 26 settimane di gestazione,

– travaglio prematuro,

– rottura delle membrane,

– preeclampsia o ipertensione indotta dalla gravidanza,

– anemia severa.

Si parla invece di controindicazioni relative all’esercizio aerobico in caso di :

– anemia,

– aritmia cardiaca materna,

– bronchite cronica,

– diabete insulino dipendente mal controllato,

– obesità estrema,

– sottopeso estremo (BMI < 12),

– storia di stile di vita estremamente sedentario,

– ritardo di crescita intrauterino,

– ipertensione mal controllata,

– limitazioni ortopediche,

– ipertiroidismo mal controllato,

– fumatore severo

Una sessione di esercizio tipico inizia con stretching di 5-10 minuti, seguito da un programma di esercizio di 30 minuti per sessione (per almeno 150 minuti settimanali). e finisce con un tempo di recupero di 5-10 minuti.

Attività sicure da iniziare e continuare:

camminate, nuoto, ciclette, attività aerobica a basso impatto, yoga (da evitare le posizioni che portano ad una riduzione del ritorno venoso e ipotensione), pilates, esercizio per i muscoli del pavimento pelvico.

Attività da evitare:

sport di contatto (basket, calcio, boxe, hockey);

attività con alto rischio di caduta o contatto della pancia contro superficie dura (sci, sci d’acquaa, surf, ciclismo, equitazione);

immersione;

paracadutismo o parapendio;

hot yoga e hot pilates.

Quando fermare l’esercizio?

In caso di: sanguinamento vaginale, contrazioni dolorose regolari, perdita di liquido amniotico, dispnea,

cefalea, dolore toracico, vertigini.

Irregolarità mestruali

Le irregolarità mestruali sono un disordine ginecologico molto comune tanto da interessare circa un terzo delle donne che vanno in visita dal ginecologo. Possono esser causate da in ampia varietà di malattie locali o sistemiche o legate all’utilizzo di alcuni farmaci.
Le cause più comuni in donne non in gravidanza possono essere di origine uterina (fibromi, polipi endometrial I, adenomiosi), disfunzione ovulatoria, disordini della coagulazione o tumori.
ANOMALIE STRUTTURALI
Sono comuni ed in buona parte dei casi possono essere asintomatiche. Esse sono :
1. Miomi uterini: parliamo soprattutto di fibromi sottomucosi, cioè quelli che sporgono o occupano per intero la cavità uterina;
2. Polipi endometriali: causano soprattutto sanguinamento intermestruale ma talvolta anche mestruazioni lunghe ed abbondanti
3. Adenomiosi: questo disordine si associa spesso a dolore durante la mestruazione o dolore pelvico cornico;
4. Altre lezioni: difetti a carico della cicatrice da taglio cesareo, eccessivo aumento della vascolarizzazione della parte muscolare dell’utero (miometrio) da sospettare in caso di Aborti, curettage ripetuti o taglio cesareo.
DISFUNZIONE OVULATORIA
Se ne parla o quantomeno la di sospetta nel caso in cui vi sia assenza di ciclo ovulatorio o pochi cicli ovulatori. Le donne con questo tipo di problem possono sperimentare assenza di ciclo per due o più mesi oppure cicli mestruali caratterizzati da spotting continuo oppure cicli mestruali abbondanti. Questi tipo di d’ordine si presenta soprattutto agli estremi del periodo fertile (fase post menarca e premenopausale).
Altre condizioni che portano a Disfunzione ovulatoria possono essere: sindrome da Policistosi Ovarica, disordini tiroidei e iperprolattinemia.
DISORDINI COAGULATIVI
In tal senso parliamo di menorragia ( flussi mestruali che durano più di tre giorni) e metrorragia ( sanguinamento che si verifica tra un flusso mestruale e il successivo). Questi due eventi si legano nel 15-20% dei casi a problemi coagulativi (piastrinopenia, trombocitopenia, malattia di von Willebrand)
CAUSE IATROGENE
Donne che usano progestinici, anticoagulanti o dispositivi intrauterini
NEOPLASiE
Iperplasia endometriale o carcinoma o sarcoma uterino
INFEZIONI E INFIAMMAZIONI
Endometrite, PID
L’ecografia pelvica è la prima indagine di scelta da effettuare in donne con irregolarità mestruali, l’ecografia transvaginale e’ l’indagine di scelta, tranne se non si tratti di una donna Virgo nella quale effettuare obbligatoriamente un ecografia transaddominale.
Nel caso in cui l’ecografia transvaginale mostri la presenza  di una neoformazione all’interno dell’utero (polipi, mioma sottomucosi o prevalentemente intramurale), la paziente verrà inviata ad isteroscopia al fine di valutare ad occhio nudo, per mezzo di una telecamera, che tipo di neoformazione e sua grandezza è presente in utero.

Citomegalovirus

L’infezione da Citomegalovirus (CMV) è legata all’azione di un agente virale appartenente alla famiglia degli Herpesvirus. Come altri agenti di questa famiglia, questo rimane in forma “dormiente” nell’organismo a seguito di un infezione primaria, con la possibilità di potersi riattivare. La riattivazione può determinarsi originando da siti diversi dell’organismo e per periodi di tempo prolungati.

Il CMV è l’infezione virale congenita più comune, con una prevalenza alla nascita che varia dallo 0,48 al 1,3%. Le infezioni congenite possono essere asintomatiche o sintomatiche; qualora risultino associate a sintomi possono essere particolarmente gravi. Sia i neonati sintomatici che quelli asintomatici sono a rischio di sviluppo di problematiche che riguardano lo sviluppo neuronale, principalmente la sordità.

L’infezione da CMV può esser contratta in modi diversi:

  • soggiornando nello stesso ambiente,
  • attraverso rapporti sessuali,
  • atteverso trasfusioni e trapianto d’organo.

Il CMV è stato riscontrato nelle urine, saliva, sangue, secrezioni nasofaringee, lacrime, secrezioni vaginali e cervicali, sperma, e latte materno.

Le donne in gravidanza vanno incontro ad infezione da CMV in una percentuale del 2.3% annuo; stessa percentuale dicasi per chi lavora in ospedale specialmente se a contatto con bambini(2,3%); chi lavora negli asili siamo attorno all’8.5%.

Altri gruppi a rischio d’infezione da CMV son: famiglie con un membro affetto da infezione da CMV, le adolescenti, immunocompromessi.

L’infezione primaria da CMV può causare febbricola e sintomatologia aspecifica (mal di gola, malessere generalizzato, raffreddore, mal di testa, stanchezza) anche se nel 90% dei casi non viene riferito alcun sintomo.

La diagnosi di infezione da CMV si ottiene attraverso un test cui deve sottoporsi la donna in gravidanza:

  • come parte di una valutazione diagnostica di malattia che ricorda la mononucleosi;
  • quando l’esame ecografico mette in evidneiza anomalie che facciano pensare ad un infezione congenita da CMV.

L’infezione da CMV nella donna in gravidanza può esser classificata come primaria o non primaria.

Si parla di infezione primaria quando questa si realizza durante la gravidanza. Essa si determina nel 25% dei casi, mentre nel restante 75% l’infezione si determina in donne che contraggono il virus già prima della gravidanza. (infezione materna non primaria).

In gravidanza il contagio del virus può portare ad una trasmissione dalla madre al feto attraverso la placenta, mentre se l’infezione si determina dopo la nascita probabilmente l’infezione è stata trasmessa al neonato durante il passaggio del feto nel canale del parto entrando a contatto con le secrezioni cervicovaginali o, in alternativa, da latte materno infetto.

Le donne che contraggono l’infezione durante la gravidanza sono quelle che presentano rischio maggiore di trasmissione materno-fetale e tale rischio sembra aumentare con il progredire dell’età gestazionale. Si passa infatti dal 5,2 % in epoca preconcezionale, al 16,4% in epoca periconcezionale al 36.5% nel primo trimestre al 40,1% nel secondo trimestre fino al 65% nel terzo trimestre.

Allorquando il neonato presenti sintomi legati all’infezione da CMV (neonati piccoli per età gestazionale, microcefalia, ventricolomegalia, corio retinite, epatosplenomegalia, trombocitopenia), l’indice di mortalità è di circa il 5%, mentre il 50-60% sviluppa deficit neurologici (in primis cecità e sordità oltre a disturbi motori e cognitivi).

Nela maggior parte dei casi però i neonati congenitamente infetti sono inizialmente asintomatici. Il 15-25% di questi neonati svilupperanno, entro i primi tre anni di vita, anomalie dello sviluppo neuronale con sordità.

Nel caso in cui durante la gravidanza vi sia sospetto d’infezione primaria da CMV o qualora a seguito di un esame ecografico si riscontrino segni che facciano pensare a questa infezione, è di fondamentale importanza ricorrere alla diagnosi prenatale invasiva (amniocentesi) al fine di capire se il feto ha contratto o meno il CMV.

Tenuto conto delle caratteristiche del CMV, di fondamentale importanza risultano le corrette abitudini da parte della donna in gravidanza al fine di prevenire l’infezione da CMV, quali:

●corretta igiene personale in gravidanza, specialmente lavar bene le mani con sapone e acqua dopo contatto con secrezioni orali, nasali e pannolini. Lavare le mani per almeno 15-20 secondi.

●evitare di baciare i bambini sotto i 6 anni sulle labbra o guancia, meglio baciarli sulla fonte o dar loro una carezza.

●non condividere cibo, bevande o utensili orali (forchetta, cucchiaio, spazzolino) con ragazzi giovani..

●pulire giocattoli, pavimenti e altre superfici che entrano in contatto con urina e/o saliva dei bambini

La Candidiasi vulvovaginale

La Candidiasi Vulvovaginale: Cause, Sintomi, Trattamenti e Prevenzione

La candidiasi vulvovaginale è un’infezione comune e fastidiosa che colpisce molte donne in tutto il mondo. Conosciuta anche come infezione da Candida o candidosi, questa condizione può causare disagio, prurito e infiammazione nella zona vulvovaginale. In questo articolo, esploreremo le cause, i sintomi, i trattamenti e le strategie di prevenzione per affrontare questa problematica.

Cos’è la Candidiasi Vulvovaginale?

La candidiasi vulvovaginale è un’infezione micotica causata principalmente dal fungo Candida albicans. Questo tipo di infezione può interessare la vagina e l’area vulvare e può verificarsi sia nelle donne in età fertile che in quelle in post-menopausa. Si tratta di un agente micotico che è normalmente presente nel corpo umano, ma che inizia a fare problemi quando comincia ad essere presente in abbondanza.

Cause della Candidiasi Vulvovaginale:

Ci sono diverse ragioni per cui si verifica un aumentata presenza di Candida albicans, tra cui:

Fluttuazioni ormonali: Le variazioni ormonali che si verificano durante il ciclo mestruale, la gravidanza, l’allattamento o l’uso di contraccettivi orali possono favorire la crescita del fungo.
Uso di antibiotici: L’assunzione prolungata di antibiotici può alterare l’equilibrio naturale dei batteri vaginali, favorendo così la crescita di Candida albicans.
Sistema immunitario debole: Un sistema immunitario indebolito può rendere il corpo meno in grado di contrastare la crescita eccessiva del fungo.
Diabete non controllato: Persone con diabete non adeguatamente controllato possono avere livelli elevati di zucchero nel sangue, che possono fornire un ambiente favorevole alla crescita della Candida.
Abbigliamento o igiene inadeguata: Indossare indumenti stretti o umidi a lungo, o non seguire una buona igiene intima, può creare condizioni ideali per l’insorgenza dell’infezione.
Rapporti sessuali non protetti: Anche se la candidiasi vulvovaginale non è una malattia sessualmente trasmessa, i rapporti sessuali non protetti possono aumentare il rischio di infezione. Il partner, infatti, può essere portatore di candida senza soffrire di alcun sintomo che, al contrario, si manifesta in tutta la sua sintomatologia nella donna.

Sintomi della Candidiasi Vulvovaginale:

I sintomi della candidiasi vulvovaginale possono variare da lievi a intensi e includono:

Prurito intenso: Il prurito nella zona vulvare e vaginale è uno dei sintomi più comuni dell’infezione da Candida.
Bruciore e dolore: Molte donne sperimentano bruciore e dolore durante la minzione o i rapporti sessuali.
Perdite vaginali anomale: la paziente può riferire perdite vaginali biancastre, a grumi di ricotta, come poi confermato all’esame speculare.
Arrossamento e gonfiore: L’area vulvare può apparire arrossata e gonfia.
Sensazione di disagio: Molte donne riferiscono di sentirsi generalmente scomode e irritate nella zona genitale.

Se si verificano questi sintomi, è importante consultare un medico per ottenere una corretta diagnosi e un trattamento adeguato.

Trattamenti per la Candidiasi Vulvovaginale:

Il trattamento della candidiasi vulvovaginale si basa solitamente sull’uso di antifungini, che possono essere somministrati sotto forma di creme, ovuli o compresse. Alcuni trattamenti comuni includono:

Antifungini da banco: Alcuni antifungini sono disponibili senza prescrizione medica e possono essere efficaci per infezioni lievi e ricorrenti.
Antifungini prescritti: Per infezioni più gravi o resistenti, il medico può prescrivere antifungini più potenti.
Terapie alternative: In alcuni casi, possono essere considerate terapie alternative, come l’uso di probiotici vaginali per ristabilire l’equilibrio dei batteri.
E’ importante seguire attentamente le indicazioni del medico e completare il corso di trattamento prescritto, anche se i sintomi migliorano prima della fine del trattamento.

Prevenzione della Candidiasi Vulvovaginale:

Alcune misure possono essere adottate per ridurre il rischio di sviluppare la candidiasi vulvovaginale o prevenirne il ritorno:

Mantieni una buona igiene: Lavarsi regolarmente con acqua e sapone neutro e asciugarsi bene dopo il bagno o la doccia.
Indossare biancheria intima di cotone: Evitare indumenti sintetici o stretti, e preferire biancheria intima di cotone per favorire la traspirazione.
Evita lavande interne: L’utilizzo di prodotti per il lavaggio vaginale può alterare l’equilibrio naturale della vagina e aumentare il rischio di infezioni.
Limita l’uso di antibiotici: Prendi antibiotici solo quando prescritti dal medico e completa sempre il corso del trattamento. L’uso dell’antibiotico va sempre associato all’utilizzo di fermenti lattici.
Segui una dieta equilibrata: Mantieni una dieta sana e bilanciata, limitando l’assunzione di zuccheri e farine raffinati, che possono favorire la crescita della Candida, favorendo una dieta proteica e a base di farine integrali
Evita rapporti sessuali non protetti: L’uso del preservativo può aiutare a ridurre il rischio di trasmissione del fungo.

La candidiasi vulvovaginale è un’infezione comune che può causare notevole disagio alle donne. Tuttavia, con un trattamento adeguato e misure preventive adeguate, è possibile affrontare questa condizione in modo efficace. Se sospetti di avere un’infezione da Candida, consulta sempre un medico per una diagnosi accurata e un trattamento appropriato.